Cinquanta ragioni per essere veterinario omeopata: ragioni 19 e 20

Cinquanta ragioni per essere veterinario omeopata:

ragioni 19 e 20

Prosegue la presentazione dei Veterinari soci FIAMO e delle storie che li hanno portati a scegliere l’Omeopatia quale opzione di cura per un’ampia gamma di pazienti.

Dottoressa Roberta Sguerrini

Medico Veterinario – Omeopata MODENA

Ragione n. 19

La Ragione n. 19 è raccontata dal dr. Marco Caviglioli, che vive e lavora a Pieve Santo Stefano (AR), ma esercita la professione un po’ in tutta la Toscana, specialmente nelle provincie di Arezzo, Firenze e Siena.

“Seguo prevalentemente il comparto zootecnico con indirizzo alle produzioni Biologiche, ma anche i piccoli animali d’affezione e per lungo tempo ho curato gli animali selvatici facendo recupero della fauna selvatica per la Provincia di Arezzo.

Mi sono avvicinato all’omeopatia dopo la nascita del mio primo figlio, affidato ad un pediatra Omeopata. Rimasi affascinato da questo tipo di medicina e non avendo nessuna conoscenza in merito decisi di informarmi, prima come autodidatta e in seguito, avendo conosciuto il Dottor Franco Del Francia, grandissimo direttore della Scuola Internazionale di Omeopatia Veterinaria di Cortona, decisi di frequentare la sua scuola.

Durante il percorso di studio cominciai subito ad applicare l’omeopatia in un allevamento di bovine Chianine, che seguivo già’ con la medicina allopatica e sviluppai dei piani di trattamento omeopatico per le varie categorie (riproduttori, giovenche, manze, vitelloni, vitelli) e nei periodi di produzione/stagionali.

Già dai primi periodi di lavoro mi sono reso conto delle grandi potenzialità della medicina omeopatica, infatti quando cominciai a trattare tutte le patologie con l’omeopatia avvennero subito notevoli cambiamenti: le condizioni di vita degli animali migliorarono notevolmente, si ebbero riduzioni di patologie ricorrenti, aumento della fertilità con aumento di nati vivi, miglioramento degli accrescimenti e aumento delle rese.

L’omeopatia non è ancora diffusa capillarmente in Italia come avviene in altri paesi e spesso accade che i pazienti si avvicinino a questo tipo di medicina con grosse problematiche che la medicina allopatica non è riuscita a risolvere. Quindi, specialmente per quanto riguarda i grandi animali, ci si trovano di fronte casi difficili sia dal punto di vista gestionale che propriamente sanitario. Ci sono però anche allevatori biologici e biodinamici che hanno sempre lavorato pensando al benessere degli animali e alla cura con una medicina non inquinante, che non lascia residui negli alimenti e che quindi contribuisce non poco anche al benessere degli esseri umani.

Sempre per questo motivo, fuori dalle grandi città, a volte ci sono difficoltà nel reperire i rimedi in tempi brevi, soprattutto per la cura di patologie acute

Una difficoltà è poi quella di formare gli allevatori e proprietari ad una accurata osservazione dei loro animali e alla descrizione dei sintomi, condizione essenziale per riuscire a fare una buona repertorizzazione.

Ai giovani colleghi che si affacciano adesso alla professione e sentono parlare di omeopatia vorrei dire che è un lavoro bellissimo soprattutto per il tipo di approccio con il paziente, dove c’è bisogno di una visione d’insieme, meno invasiva e più conservativa. Ma per questo motivo è anche una medicina che richiede molto tempo per essere studiata e applicata e bello è anche seguire un maestro che ha la capacità di insegnare attraverso la propria lunga esperienza.”

Ragione n. 20

Con la Ragione n. 20 vi presentiamo la storia della Dottoressa Sara Faggin, Medico veterinario esperto in comportamento, che si occupa di animali d’affezione e lavora a Vicenza e provincia.

Ricordo esattamente quando ho partecipato al mio primo incontro con l’omeopatia veterinaria, è stato in occasione di una lezione presso la Scuola di Medicina Omeopatica di Verona, circa 13 anni fa. L’invito era arrivato tramite le mail informative dell’Ordine e il tema era “omeopatia e medicina comportamentale”. Ricordo ancora l’entusiasmo con cui la Collega Cristina Marcolin, organizzatrice dell’incontro, me ne parlava. Sapeva del mio interesse per i fiori di Bach e mi salutò dicendomi: “Vedrai che con l’omeopatia farai un salto, lei arriva come un laser all’origine del problema”.

Il mio amore per l’omeopatia non era arrivato per una folgorazione da una guarigione impossibile o da una esperienza diretta, nella mia famiglia nessuno la conosceva e tanto meno la utilizzava … e a dire il vero quella lezione mi aveva lasciato alcuni dubbi. Ma il vero amore non è quello che folgora e impressiona, ma quello che nutre e ti fa evolvere e l’omeopatia oggi per me è questo. Dopo quella lezione ne ho studiato i principi e l’utilizzo e ho compreso che poteva essere lo strumento e l’approccio giusto per arrivare a curare i miei pazienti, me e la mia famiglia. E cosi mi sono iscritta alla Scuola di Verona.

Nella medicina del comportamento animale l’approccio terapeutico vede ancora poche molecole farmacologicamente attive realmente utilizzabili nel cane e ancora meno nel gatto e la riabilitazione comportamentale, molto efficace in numerosi casi, non riesce per ovvii motivi a modificare il nucleo del soggetto e le motivazioni per le quali esso reagisce all’ambiente e alle relazioni in modo non equilibrato. L’omeopatia mi ha permesso di arrivare dove nessun altro poteva entrare.

Ad esempio ricordo di una cagnolina, una Border Collie di nome Astrid, molto giovane,  sensibilissima ai rumori, estremamente attiva e con un’aggressività da paura verso i cani e le persone estranee. I suoi problemi erano iniziati fin da cucciola e, nonostante le attività educative e di socializzazione fossero iniziate molto presto, la situazione non era cambiata. Durante le visite a domicilio al mio arrivo mi respingeva saltandomi addosso e abbaiando minacciosa e una volta in casa si nascondeva sotto una sedia controllando tutti i miei movimenti e quelli della cagnolona convivente. La scelta del rimedio corretto non è stata immediata e nella medicina comportamentale dopotutto spesso è così, perché mancano di frequente i sintomi fisici che aiutano nell’analisi differenziale dei rimedi, ma in poco tempo siamo arrivati alla scelta di Theridion che davvero ha dato una svolta. L’ho rivista a distanza di un anno in ambulatorio per una visita generica di controllo ed era irriconoscibile; la dolcezza con cui mi è venuta incontro e mi ha salutato festosa mi ha commossa.

I limiti che ho trovato nell’applicare l’omeopatia ai casi veterinari a dire il vero sono sempre stati i miei. Nel senso che ho riconosciuto più una mia mancanza di sicurezza nel prescrivere i rimedi per una difficoltà a interpretare i casi e a raccogliere correttamente i sintomi e magari per una ridotta conoscenza di alcuni rimedi, piuttosto che per un rifiuto da parte dei proprietari. Nel tempo ho imparato a selezionare bene i proprietari che sento essere in grado di gestire una terapia omeopatica e i casi che mi consentono di avere una buona qualità di sintomatologia, tale da fare una buona prescrizione e questo mi ha permesso di avere molte soddisfazioni.

Ma devo dire che non è solo l’avere buone soddisfazioni che mi ha reso più sicura, ma è lo studio costante e sempre più consapevole dell’omeopatia che mi ha aperto ad una profondità di visione delle connessioni tra tutti gli elementi, viventi e non. Perché per me l’omeopatia non è uno solo  strumento terapeutico ma è una via  per conoscere le leggi che regolano la Vita. È da questo che mi arrivano le soddisfazioni e porto il mio entusiasmo nella sua applicazione.

Ai giovani Colleghi posso solo ricordare il piacere di conoscere e imparare cose nuove, di qualsiasi disciplina si tratti tutto serve per integrare la propria conoscenza e applicarla nel proprio lavoro come nella vita. Lo studio serio dell’omeopatia porta a questo, ad una visione più ampia della medicina e della vita, delle dinamiche che portano gli esseri viventi, siano essi uomini, animali o piante ad ammalarsi e ai meccanismi di guarigione.  A mio parere è questo il significato di essere medici: è la conoscenza dei processi, dei percorsi e delle motivazioni che perturbano lo stato di equilibrio degli esseri viventi e della materia a prescindere dallo strumento terapeutico che decidiamo di usare per quel particolare paziente”.

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