Echinacea angustifolia.
Un caso clinico.
SUMMARY
56-year-old woman diagnosed with diverticulitis, recurrent diarrhea, digestive disorders recently accompanied by bouts of “dark vomiting.” Recurrent fevers, present for years, of a nature to be determined, which have led the patient to certainly excessive use of various antibiotic therapies that are not at all resolving. Presently there is an obvious anxiety component centered on the feeling of a worsening reduced mental clarity.
KEYWORDS
Recurrent infections – Concern about significant loss of cognitive abilities – Compulsive sports activity.
RIASSUNTO
Donna di 56 anni con diagnosi di diverticolite, diarree ricorrenti, disturbi digestivi recentemente accompagnati da crisi di “vomito scuro”. Febbri ricorrenti, presenti da anni, di natura indeterminata, che hanno portato la paziente a un consumo sicuramente eccessivo di svariate terapie antibiotiche niente affatto risolutive. Attualmente è presente un’evidente componente ansiosa centrata sulla sensazione di un’ingravescente ridotta lucidità mentale.
PAROLE CHIAVE
Infezioni ricorrenti – Preoccupazione di una perdita significativa delle capacità cognitive – Attività sportiva compulsiva.
INTRODUZIONE
Echinacea angustifolia e Arnica montana sono probabilmente le due asteraceae più popolari, soprattutto – e purtroppo – da quando certi prodotti fitoterapici sono entrati nel grande vortice del business del “naturale”. Chi di noi non riceve preoccupate richieste di qualcosa per migliorare le difese immunitarie all’inizio dell’autunno? Non si contano più le vittime dell’idea perniciosa che qualcosa, comunque, spesso del tutto inutile, debba essere ingurgitato. Il concetto di una nostra resilienza, delle nostre risorse, si è ormai così affievolito da diventare alieno. Non pervenuto. Sia ben chiaro, non intendo affatto svalutare l’efficacia dei buoni fitoterapici usati a proposito, per carità. Tantomeno dei vari preparati a base di Echinacea, partendo della semplice quanto portentosa tintura che, se ben usati, hanno sempre confermato le loro indicazioni. Mi permetto solo di osservare quanto proprio questo delizioso fiorellino sia diventato una sorta di panacea nell’immaginario collettivo, un jolly per le tasche di chi sa sfruttare l’isteria conclamata del discutibile iper-consumo di prodotti “naturali”.
Considerando la cortese disponibilità di farmi pubblicare qualcosa su questo rimedio, preferisco non togliere troppo spazio dilungandomi nelle consultabilissime pubblicazioni sulle echinacee e, in particolare, sulla angustifolia. Sia la medicina tradizionale che la moderna fito-farmacologia raccontano tanto di questa meravigliosa, utilissima pianta: una delle tante con una storia che si perde nella notte dei tempi, con applicazioni evidentissime e conclamate tanto nella fitoterapia tradizionale quanto in quella moderna.
In medicina omeopatica Echinacea resta ancora un piccolo rimedio. Per fortuna non ci spaventano i misteri!
IL CASO CLINICO
Matilde è una professoressa universitaria di 56 anni che mi consulta su consiglio di una sua cara amica, una mia paziente storica che insegna nel suo stesso dipartimento e che da anni prova a convincerla di tentare una strada diversa per i suoi problemi di salute. Matilde ha sempre sdegnosamente rifiutato l’idea, domandandole ironicamente, come possa coltivare una così profonda amicizia con qualcuno che crede nell’Omeopatia.
Pochi giorni prima del nostro incontro la mia segretaria riceve un suo messaggio di posta elettronica di cui riporto qualche frase:
“… vorrei fosse chiaro che il fatto che abbia deciso di fare questa visita non significa che io CREDA in qualcosa che tutti ritengono assolutamente privo di evidenza scientifica.
… Sono fiduciosa che il vostro studio rispetti il segreto professionale e che non si venga a sapere che ho richiesto una visita da un omeopata …
… Mi riservo di verificare che quanto mi sarà prescritto non rientri in alcuni discutibilissimi principi attivi che SO vengono utilizzati da questa disciplina.
… Vorrei sapere se il dottore ritiene indispensabile che si abbandoni qualsiasi altro presidio terapeutico ufficiale”.
Matilde è una donna minuta, evidentemente sottopeso, tanto da farmi pensare a un possibile trascorso anoressico. Lo sguardo è molto acuto, penetrante. Il tono di voce sembra quello di un’insegnante che difficilmente riconosce quando è scesa dalla cattedra. Veste sobriamente e in primissima battuta, quando sto ancora raccogliendo solo i suoi dati anagrafici, sottolinea fermamente di non avere avuto figli per “mia libera scelta”.
Appena seduta si guarda intorno girando la testa come un bambino:
“Devo farLe i complimenti per i mobili … è riuscito persino a farci rientrare un lettino in questo studio … ma devo dirLe che non sembra proprio quello di un medico. Piuttosto un notaio, un avvocato … che ne so … forse uno psicanalista. Io non sono MAI andata da uno strizzacervelli, per cui non so proprio come siano fatti i loro antri …”
Dopo questa simpatica introduzione mi dice spontaneamente:
*** “Ho sofferto di diverse malattie dalla mia infanzia in poi, così dicono, ma per me è sempre la stessa, visto che sono sempre state accompagnate da FEBBRI MOLTO ALTE E SEMPRE CON GLI STESSI SINTOMI: oltre 39 di febbre e vomito … brevi episodi che in un paio di giorno rientrano … ma quasi sempre deiezioni inquietanti, perchè sin da che ricordo il mio vomito è spesso molto scuro. E questo preoccupa enormemente i suoi colleghi, come ben può immaginare!
La frequenza era di almeno una volta al mese e ho fatto varie analisi da cui emergevano sempre batteri o virus diversi … una volta persino una micosi … ma io stavo sempre allo stesso modo … e la mucosa del mio apparato digerente che è quella che è …
Non so …
Mi hanno operata di adenoidi da piccola e alcuni dicevano che fosse per quello, poi altri hanno chiosato che fosse il mio apparato respiratorio, altri hanno assicurato fossero disfunzioni renali … ma alla fine me le sono tenute e ME LE TENGO ANCORA …
Non ho mai trovato qualcosa che mi lasciasse senza febbri. Nemmeno per qualche mese di fila.
Anche ora, ogni volta che mi capita, ha sempre queste caratteristiche … ultimamente l’anomalia è che dopo 3 giorni di febbre il vomito e la nausea continuano diversi giorni …
§ Ci sono alcuni segnali premonitori: brividi … alla schiena … un va-e-vieni davvero fastidioso, una debolezza diffusa e un freddo addosso … e qualcosa alla testa … come se avessi una pesantezza … una congestione che va e viene come quelle ondate alla schiena …
§ La cosa anomala è che sono dolori particolari: prima arrivano come delle fitte improvvise, che di recente mi hanno spaventata perchè prima erano solo al petto, proprio a sinistra … mentre ora le sento spesso anche alla testa. Poi quando la fase delle fitte termina resta un senso di ridotta sensibilità …
§ E’ un po’ come i mal di testa che sono iniziati all’università … mi sembra che la testa sia gigantesca e batta al pulsare del mio cuore …
Sa come quando si addormenta una gamba? Oppure dopo il lento risveglio dall’anestesia del dentista?
§ Durante la febbre non sento mai sensazioni particolari … quando arriva la febbre è come se mi liberassi di qualcosa … ma poi arriva il vomito. E quello è davvero molto fastidioso.
§ Non riesco a ingerire nulla … e sto davvero male!”
Le domando come mai abbia deciso di rivolgersi ad un medico omeopata, in considerazione della curiosa mail inviata prima del nostro incontro:
*** “La vera ragione è che sono DISPERATA: il fatto di sentirmi OTTUSA, quel senso di testa ovattata e la difficoltà di PENSARE e di essere lucida mi attanaglia.
Sono anni che tollero l’avere dovuto prendere atto che il mio fisico sia così … ma che ORA venga intaccata anche la mia capacità di PENSARE non lo posso sopportare. Non lo posso nemmeno concepire … è proprio al di fuori della mia portata.
E come spesso succede alle persone disperate che si attaccano a tutto … mi trovo a fare questo tentativo. Mi hanno parlato bene di Lei e malissimo dell’Omeopatia.
Dicono che Lei sia un medico serio e preferirei rivolgermi a questa parte di Lei … non necessariamente all’omeopata. Anche se un giorno, forse … e fuori da questo studio … mi piacerebbe capire come una persona intelligente possa interessarsi di una medicina che usa farmaci immateriali, come ho letto su qualche libro di omeopatia. Mi sono documentata sa? Io mi documento sempre … è una malattia professionale la mia …
Il termine immateriale si presta a svariate interpretazioni che facilmente scivolano nello spiritismo o nello spirituale, se meglio crede.
Io penso che anche la nostra mente sia qualcosa di materialissimo, semmai non sappiamo ancora dimostrarlo, ma sono sicura che il nostro pensiero sia fatto di qualcosa di chimico, elettrico, magnetico o qualcosa d’altro che ancora non conosciamo. E solo per questo possiamo considerarlo immateriale … ma non c’è nulla di spirituale, religioso, animico, innaturale … è che la scienza ancora manca di certi strumenti. Ci arriveremo presto …”
Mi congratulo per la sua granitica fiducia, ma proprio non posso evitare di rispondere alla provocazione, facendole notare che la relazione con quanto ci è sconosciuto sia indispensabile e non solo allo sviluppo del pensiero scientifico:
* “Certamente … ma non significa accontentarsi di brancolare nell’oscurantismo!”
*** “Comunque, continuando con i miei malanni, capirà bene che per una persona come me sia una questione seriamente spiacevole sentirsi vittima di qualcosa che ottunde. Già ho malcelatamente sopportato per anni di vivere con un organismo che fa quello che può e di cui i suoi colleghi non hanno capito un fico.
Ma una cosa è una struttura fisica cagionevole e, come dice Lei, un fenomeno sconosciuto e, chissà se – a questo punto – conoscibile …
Anche i vari gastro-enterologi che ho dovuto consultare mi dicono che ho ingurgitato troppi antibiotici e che la mia flora batterica deve essere molto sofferente.
Soffro anche di diarree, molto debilitanti e antiche come la mia vita … se consideriamo anche i vomiti così frequenti capirà bene come è messo il mio apparato digerente.
Soffro anche di diverticolite per cui mi hanno fatto assumere mensilmente altri antibiotici. Me li DEVONO dare … ma anche gli ottimi specialisti che ho visitato ammettono, e nemmeno troppo alla fine, che non si può vivere ingoiando sempre antibiotici.
E’ fondamentalmente per questo che sono qui.
Nonostante la mia risicatissima dieta ho il colesterolo alto, tendo alla glicemia alta, anche le amilasi sono un po’ alte da tanti anni.
Poi ho la piorrea e il mio povero dentista le ha provate davvero tutte … non sono nemmeno riusciti a impiantarmi altri pezzi di osso perchè non hanno attecchito.
E per finire sono sotto osservazione dal cardiologo che dice che i miei dolori toracici sono probabilmente una sofferenza delle coronarie … ma per ora non ritiene necessario intervenire. Anche perchè NON SO se li farei intervenire: mi terrorizza solo l’idea che mi iniettino qualche liquido estraneo … mi mettano qualche stent o che mi aprano il petto …”
*** “Ma non pensi che io mi sia mai arresa a questa condizione!
Da bambina ho assillato i miei genitori perchè mi facessero studiare danza e ho proseguito a farlo fino a qualche anno fa. Ovviamente non quella classica … che onestamente non so nemmeno se sia la migliore forma espressiva del nostro corpo che interpreta la musica.
Anche oggi, in queste condizioni, continuo a tenermi allenata … mi fa sentire meglio e non mi fa arrendere alla viltà del mio fisico.
Sono sicura che se smettessi di allenarmi starei molto peggio. In tutti i sensi”
Le domando qualcosa su questa sua sicurezza:
** “Semplicemente lo sento IO che mi fa stare bene!
Chi meglio di me può saperlo?
Per anni mi si formavano ascessi alle dita dei piedi … penso fossero infezioni peri-ungueali. Ma nonostante la mia freddolosità non riesco a muovermi con alcun tipo di scarpa: devo danzare scalza! E’ anche per quello che ho interrotto presto con la danza classica …”
Dopo una lunga pausa le chiedo qualcosa di più sui sintomi soggettivi relativi alla diagnosi di diverticolite:
** “Intanto ho sofferto per anni di una colangite e dicono sia quella che continua a danneggiare il mio pancreas. E anche qui … è come per le febbri. Le diagnosi relative ai miei mal di pancia sono state parecchie … e IO SENTO SEMPRE LO STESSO DOLORE. Prima era al fegato e ora lo sento di più a tutto l’addome.
§ E’ come una tensione continua, una spinta di qualcosa che non riesce ad uscire.
Infatti come riesco a liberarmi di quelle fermentazioni poi il dolore scema. Altrimenti sono proprio tensioni dolorose e spasmi. CRAMPI!
Quando ho cominciato a gonfiarmi troppo, e anche in questo caso arrivava e arriva subito la febbre, hanno riconosciuto i miei diverticoli …
Qualche volta ho avuto sangue nelle feci e hanno subito pensato ad altro … ma sono solo piccole ragadi che si presentano se non sto attenta alla mia alimentazione”
Chiedo qualcosa in merito:
** “In tanti mi hanno detto di fare attenzione ai latticini … ma si sbagliano!
Ho provato ad ascoltarli e togliere completamente dalla mia dieta il latte … in tutte le sue forme. Persino il mio amatissimo yogurt … che mi faccio in casa da sola ed è buonissimo.
Il risultato è stato nullo!
Semmai devo fare attenzione alla pasta. Ovviamente ho fatto gli esami e non sono celiaca. Ma in genere mi fanno peggio i cereali. Io sto meglio con una dieta proteica e con grassi crudi vegetali.
Ma il pane è tanto buono e quando esco a cena con gli amici faccio fatica a non mangiare come loro. Poi ne pago le conseguenze …
Adoro la cipolla, ecco … e a quella devo stare proprio attenta: sia cotta che cruda”
** “Ho dimenticato di dirLe, a proposito della mia attività, che mi sono strappata DUE VOLTE il tendine di Achille … prima uno e poi l’altro …
Semplicemente allenandomi e non era nemmeno a freddo. Mi riscaldo sempre molto bene, le conosco certe cose.
§ Ho sentito il rumore di un elastico rotto …
Ma appena ho potuto ho ripreso le mie vitali passeggiate in montagna!”
Dopo una lunga pausa le domando qualcosa sul sonno:
** “Sempre dormito bene e sempre piaciuto dormire … e sempre sostenuto che una giornata completa e 8 ore di sonno siano necessarie.
Mi piace svegliarmi presto … e non vado a letto tardi: io sono un po’ una salutista … ma delle regole comuni … io lo conosco molto bene come sono fatta!
§ Lo definirei regolare … e non ricordo i sogni …
§ Quando ero giovane sognavo spesso di fare dei viaggi. Dovevo fare dei viaggi per lavoro … anche prima che iniziassi la mia vita lavorativa. C’erano sempre degli inconvenienti per cui il viaggio si complicava § la difficoltà più comune era che io avrei voluto viaggiare solo con i miei mezzi. Ma era impossibile … e finivo sempre per litigare con dei perfetti imbecilli che complicavano TUTTO. E quando dico imbecilli non intendo persone che giudicassi stupide! Intendo VERI IMBECILLI … dementi, individui con deficit cognitivi. Un disastro! Puoi litigare anche utilmente e quasi con piacere con un nemico. NON CON UN IDIOTA”
Dopo un’altra lunga pausa le domando qualcosa sul suo lavoro:
** “Sono considerata una seria sul lavoro …
A volte mi sembra portarmi dietro il mondo sulle spalle … non tutto dipende dalle mie azioni … e questo ha un impatto …
§ Ho iniziato ad accettare nel tempo che molte cose succedono intorno a me e non sono sotto controllo e non dipendono da me in modo diretto …
Mio padre recentemente ha avuto un ictus e poi un tumore cerebrale. Un vero atleta … e nessuno avrebbe mai pensato potesse ridursi così.
Pure mia madre … che ha iniziato presto con un Alzheimer e allora ti DEVI rendere conto che non puoi fare molto per migliorare certe condizioni: ti senti inutile e indifesa … rispetto alla corazza che ti sei costruita …
Il mio lavoro è molto stressante … e mi sono sempre dedicata completamente al mio lavoro e alla ricerca. Lavoro con troppo impegno e vado spesso incontro a periodi di burn-out … dai quali mi riprendo a fatica e solo con un meritatissimo riposo.
§ Me ne accorgo perchè comincio a non poterne più del lavoro e mi pesa moltissimo qualsiasi impegno mentale. Per fortuna i miei amati libri mi ricaricano … ma devo leggere fumetti … nulla che abbia a che fare con la ricerca o lo studio!
Per esperienza posso dirLe che questo rapporto con il lavoro non viene comunemente tollerato dai possibili partner. Infatti mi sono separata presto: sia da compagni precedenti che da mio marito.
Penso di averLe detto anche troppo. Pensa di potermi aiutare?”
Altri rimedi, come Echinacea, sono inspiegabilmente presenti nella nostra letteratura vantando un uso storico nelle medicine tradizionali, magari oggi ben conosciuti in ambito fitoterapico, ma restano dimenticati in ambito omeopatico. Pensiamo all’aglio, salvia, bardana, mandragora, vischio, solo per citare i primi che mi vengono in mente.
Se proviamo a immaginare Echinacea come un possibile parente stretto di Arnica sono proprio casi come questo a lasciarci perplessi, ma una lettura più attenta a come si declinano i temi dei rimedi apparentabili a una stessa famiglia omeopatica diventa illuminante.
Proviamo a partire da quanto è presente in letteratura:
GENERALIA: EMACIATION (294) – AllTF
GENERALIA: PERIODICITY (148) – BoeCv
VENTER: STOMACH: VOMITING: coffee grounds, like (29) – BoeCv
VENTER: STOMACH: NAUSEA: chill: during(72) – BoerO
TERGUM: BACK: COLDNESS, chill: Localization: Spine: waves, in (18) – BoerO
THORAX: CHEST PAIN: acute pains: stitching(347) – JoCE
THORAX: CHEST PAIN: acute pains: stitching: sides (223) – JoCE
THORAX: CHEST: ANXIETY in(188) – JoCE
CAPUT: HEAD: SENSATION: Enlarged s. (97) – FaE
CAPUT: HEAD: SENSATION: Enlarged s.; Brain(14) – FaEA
CAPUT: HEAD: SENSATION: Enlarged s.; Brain: beat of the heart, with every(1) – FaEA
MEMBRA: EXTREMITIES: NUMBNESS, insensibility(345) – PhSR
MEMBRA: EXTREMITIES: NUMBNESS, insensibility: Localizations: Upper Limbs(185) – PhSR
GUSTUS: MOUTH: DETACHED from teeth, Gums(60) – BoerO
THORAX: CHEST: ANXIETY in(188) – JoCE
MENS: ANXIETY: body areas, felt in certain: chest, in (198) – JoCE
GENERALIA: WOUNDS: suppurating(29) – ScPi
VENTER: ABDOMINAL PAIN: pressing pains(250) – BoeCv
VENTER: ABDOMINAL PAIN: pressing pains: pressing (245) – BoeCv
VENTER: ABDOMINAL PAIN: pressing pains: pressing: hypochondria(124) – BoeCv
VENTER: ABDOMINAL PAIN: General: flatus: passing: amel. (58) – KeJ
GENERALIA: COLDNESS (443) – Boer
SOMNIUM: journey: difficulties, with (8) – BoCM
SOMNIUM: quarrels, strife (90) – BoCM
Il sintomo seguente si riferisce specificamente al senso di ottusità concomitante alla cefalea ma, nella mia esperienza, qualsiasi disagio o dolore si accompagna spesso alla preoccupazione, se non all’angoscia, di perdita di lucidità:
MENS: DULLNESS, sluggishness, difficulty of thinking and comprehending: concomitant: headache: from (49) – BoeC
Volutamente non considero i sintomi che mi sono permesso di aggiungere.
Anche Echinacea si trova costretto, come Arnica, a fare i conti con l’angoscia di un corpo estraneo, inadeguato, costantemente minacciato, meccanico, inavvicinabile, con la stessa ipocondria che, però, si manifesta molto più precocemente. Echinacea sembra nascere già scompensato rispetto alle patologie tardive che costringono Arnica a prendere atto della sua vulnerabilità. Non sono i cosiddetti traumi ma i continui esempi della traumaticità dei suoi disturbi ricorrenti, precocissimi, che nessun medico e nessuna medicina sanno capire e curare. Anche Arnica è noto per gli ascessi e le infezioni ricorrenti, ma solo quando le sue strategie di compenso lo costringono a riconoscere il suo crollo. Echinacea sembra nascere crollato e mette in atto tentativi di compenso molto simili: la stessa razionalità difensiva, l’estraneità di un corpo macchina, l’estrema difficoltà a farsi avvicinare, una granitica dignità traslata tutta sul perfetto funzionamento della sua mente invece che del suo corpo. Echinacea è un atleta delle performance cognitive: gioca a fare il ricercatore invece che a rugby. Appunto fa lo studioso, non lo è. Come Arnica ha un corpo ma non ci si riconosce. Il mistero è un concetto alieno, non il pane quotidiano di ogni vero scienziato. Arnica si difende nel tentativo di coltivare un corpo d’acciaio, Echinacea costruisce muri di pensiero d’acciaio.
Rimando alla lettura della materia medica per una più dettagliata trattazione del rimedio e mi permetto di citare solo alcuni dei sintomi presenti in Suggesta, estratti dai diversi casi di questo rimedio trattati nel rispetto dei miei ben noti requisiti.
MENS: ANGER, irascibility: tendency: diarrhea, during(3) – MaMa
MENS: ANGER, irascibility: tendency: pain: about(29) – MaMa
MENS: DIGNITY (39) – MaMa
MENS: EXERCISE: physical: amel. (37) – MaMa
MENS: GRIEF: ailments from: cry, cannot(17) – MaMa
MENS: INDOLENCE: aversion to work: concomitant: exhaustion, in nervous(8) – MaMa
MENS: NOLIMENTAGERE (47) – MaMa
MENS: SENSITIVE, oversensitive: pain, to (188) – MaMa
MENS: STOIC (23) – MaMa
SOMNIUM: insults (7) – MaMa
VENTER: ABDOMINAL PAIN: spasmodic pains(468) – MaMa
VENTER: ABDOMINAL PAIN: spasmodic pains: cramping, griping (462) – MaMa
GENERALIA: FOOD and drinks: dairy products: cheese: desires(58) – MaMa
MORBI: Dyslipidemia / Diverticulitis / Fever, recurrent / Pancreatitis / Pyorrhea / Dizziness -MaMa
TERAPIA E FOLLOW UP
Suggerisco pertanto ECHINACEA Q1 che Matilde assume per circa due settimane prima di rispondere con una diarrea scura, accompagnata da crampi addominali che migliorano nettamente con l’emissione di aria. Prima di riuscire a sentirci aveva già interrotto l’assunzione del rimedio e accetta di buon grado il consiglio di attendere qualche giorno per valutare insieme la situazione. Si dice meravigliata di una sintomatologia non accompagnata dalla solita febbre.
In seguito i dolori addominali restano silenti per quasi 5 settimane prima di ripresentarsi con la solite caratteristiche. Decidiamo di proseguire con assunzioni a giorni alterni e i sintomi gastro-enterici migliorano progressivamente per altri due mesi circa prima di ripresentarsi in tono minore.
Passiamo alla Q2 quotidianamente con un progressivo e ulteriore miglioramento dello stato generale. Matilde sembra molto soddisfatta di una “Ritrovata lucidità mentale. Ho scritto diversi articoli nelle scorse settimane ma ho preferito non strafare come mio solito”.
Non mi riesce facile farle comprendere che necessito di fare il punto insieme con i tempi dovuti. Matilde sembra volersi accontentare di sparute comunicazioni telefoniche alle quali, dopo più di 7 mesi, rispondo sempre più sinteticamente. Fino quasi a costringerla a farsi rivedere.
La trovo aumentata di peso e, tutto sommato, più gradevole del nostro primo incontro.
** “Penso sia importante che ci capiamo. Facciamo quasi lo stesso lavoro … ci occupiamo sempre di persone che si ammalano e possibilmente del perchè … non crede che potrebbe fidarsi di me se le dico che sono contenta e che mi sento meglio?
Non è che non la voglio rivedere ma, come Lei, anche io sono molto occupata e fare questo viaggio non è proprio semplice.
Come le dicevo al telefono, visto che Lei non vuole usare la posta elettronica, mi sento meglio in genere: a parte il netto miglioramento dei miei sintomi gastro-intestinali … sono diventata più regolare, le feci prima erano comunque poltacee e ora sono ben formate, mi sto permettendo di mangiare cibi che prima non mi attiravano o mi disturbavano … ho ripreso a bere un po’ di vino, posso mangiare la mia adorata cipolla cruda e dolce senza pagarla per giorni di file … mangio la mozzarella … sono persino uscita per qualche aperi-cena con le mie amiche …
Fino ad ora non ho accusato alcuna febbre … mi sento più in forze e ho messo su qualche chilo.
Non Le basta? Vuole che torni a ballare il rock’n roll? Ero bravina da giovane Sa?”
Le rispondo che sono sinceramente contento, ma che ho proprio necessità di tempi canonici per cercare di valutare meglio come sta rispondendo alla terapia. E poi è un piacere incontrarla:
** “Ma dice davvero? Pensavo di esserle sinceramente e professionalmente antipatica … la mia amica mi ha detto di averla informata sui miei tentativi di dissuaderla a farsi curare omeopaticamente. Poi ho letto qualcosa … e ho parlato con alcuni miei colleghi con i quali so che Lei ha avuto degli scontri di non poco conto …
Non la considerano proprio un personaggio simpatico Sa?
Dalla faccia che fa immagino quanto poco possa interessarle …
E ha la mia completa approvazione: non si può essere simpatici a tutti … e poi essere simpatici a chi detestiamo, o peggio, non stimiamo affatto, non è un buon segno …”
La invito a dirmi qualcosa in più sull’argomento:
** “Serve a me o serve a Lei?
Immagino ad entrambi, dopo avere letto sul suo sito alcuni dei suoi casi.
Allora Le posso dire che mi piace davvero essere utile e darmi da fare per i miei amici e i miei colleghi. Sapere che chi mi stima e mi vuole bene può contare su di me è fondamentale: io lo esprimo così il mio affetto. Con i fatti.
Non sono per le smancerie …
Così aggiunge qualche altro tassello a come sono fatta? Ho capito che Lei vuole mettere insieme tanti pezzetti per fare una sua diagnosi. Pezzetti diversi dai nostri. Qualcosa che non capisco ancora bene ma devo riconoscere i fatti.
E i fatti sono che sto meglio. Indiscutibilmente.
Ma non posso accettare che Lei non si preoccupi di capire il perchè … è questo che mi innervosisce di voi omeopati.
Ma non voglio esserle antipatica. Capisco che siamo su due posizioni molto diverse … e in fondo quello che mi resta difficile è che non so come inquadrarLa.
Forse a Lei piace essere un po’ misterioso … fa parte del personaggio.
Ma sono i risultati che contano. E ognuno è fatto a modo suo …”
Dopo una pausa aggiunge:
!! “Ho capito che Le serve farsi un’idea di chi sono i suoi pazienti e magari se starò meglio chiederà anche a me di pubblicare il mio caso.
Allora qualcosa gliela posso dire … ma nemmeno un genitore arriva a conoscere a fondo suo figlio, si figuri un medico …
Sono figlia di una famiglia piuttosto semplice. I miei erano tutti e due prof di ginnastica in una scuola media. Io sono figlia unica e sono nata che loro erano già avanti con gli anni. Prima hanno avuto da fare altro e penso non fossero proprio interessati a fare i genitori.
Ho fatto di tutto per renderli orgogliosi di me … soprattutto mio padre. Ma sono nata settimina, come diceva mia nonna … e lei diceva che i settimini sono come i gatti: magari ma cadono sempre in piedi e hanno sette vite. Io ero sempre dal medico da piccola e mia nonna era l’unica a non essere disperata. Sapeva che ce l’avrei fatta … e ce l’ho fatta …
Non avrebbero voluto una professoressa universitaria ma una che seguiva il loro esempio.
NULLA DI PIU’ IMPOSSIBILE.
Sono sempre stata un esempio di figlia. Non hanno mai avuto modo di dovermi riprendere su qualcosa. Penso di non averla passata l’adolescenza … o l’ho bruciata in fretta e ci devo ancora arrivare: non l’ho ancora capito.
Ma la mia strada non poteva essere la loro e poi … ho due nonni dementi. Mia madre demente e mio padre che è morto incapace di parlare … purtroppo capivi cosa ti voleva dire ma la testa non associava più i nomi giusti al suo pensiero.
Penso che se solo avessi il sentore di finire così mi butterei giù da un ponte. E non mi ci sono buttata con tutti i mal di pancia che ho avuto. Quella non sono io.
§ Non sono io il mio intestino, non sono io il mio stomaco … quella è roba che USO IO.
E’ molto diverso. Cerchi di capirlo bene se vuole usare il mio caso.
Questo glielo lascio scrivere … da qui in poi parliamo solo se appoggia il computer …”
Sono passati 8 anni da questa consultazione. Nel frattempo ho visto Matilde circa due volte l’anno. I suoi esami sono più che accettabili, solo una leggera dislipidemia mentre le amilasi e la glicemia sono rientrate. Nel frattempo, circa 4 anni fa, siamo arrivati alla Q6 e da allora non è più stato necessario salire di potenza. I sintomi accusati non sono praticamente più ritornati. Occasionalmente Matilde accusa qualche leggero dolore addominale che rientra ripetendo il rimedio, soprattutto se esagera con le cipolle e i formaggi.
Pochi mesi fa ha conosciuto una persona con cui convive da qualche settimana.
In questi mesi inizia una terapia farmacologica con mesalazina per os (2.400 mg/die) e per via rettale con clismi da 2 mg due volte alla settimana, ottenendo discreti risultati.
Quando lo incontro per la prima volta, nel 2018, Marco ha già assunto per due anni rimedi omeopatici prescritti da un collega unicista: riferisce di aver utilizzato in due periodi diversi Staphisagria e Lycopodium ad alta potenza con benefici fisici immediati, ma solo temporanei, accompagnati da una sensazione generale di forza e sicurezza che ne ha giustificato l’impiego ripetuto e prolungato, la malattia ha continuato però ad essere in progressivo peggioramento.
Il paziente è consapevole che nei momenti di serenità i sintomi migliorano, anche se per brevissimi periodi: si rivolge quindi nuovamente all’omeopatia per cercare di curare la sua problematica psicosomatica, risolvere la malattia alla radice ed ovviare agli effetti negativi dei farmaci.
Il colloquio anamnestico (sintesi):
- Fin da piccolissimo ho sofferto di allergia ai pollini con rinite ed asma. Nell’adolescenza ho fatto terapie di desensibilizzazione per l’allergia senza risultati. Ora non ho più asma, solo ogni tanto al risveglio un po’ di congiuntivite e rinite con starnuti.
- Sono sensibile al freddo, soprattutto a piedi, orecchie, gola e pancia; vento e correnti d’aria mi causano torcicollo; il vento mi fa sentire meno stabile, meno centrato, più vulnerabile; l’aria condizionata mi dà una sensazione di malessere e di diminuzione della forza.
- Bevo molta acqua: è come se dovessi tenere a bada un fuoco interiore che mi prosciuga e secca, ma le bevande fredde mi danno fastidio alla pancia e mi indeboliscono.
- Quando sto bene vado in bagno una volta al giorno, solitamente al mattino; quando le ulcere intestinali sono attive ho fitte e mi scarico 3-4 volte al giorno con muco e talvolta sangue. Dopo essere andato di corpo sento bruciore al retto ed all’ano ed ho la sensazione di evacuazione incompleta. La malattia è peggiorata quando ho iniziato un lavoro stressante a causa delle situazioni di tensione con gli altri.
- Mi vergogno di avere la colite ulcerosa, ne parlo il meno possibile e solo con persone di cui mi fido. Ho paura che qualcuno mi giudichi debole, malato, e che per questo mi prenda in giro.
- I sintomi migliorano quando mi sento accettato dagli altri ed in pace con me stesso, oppure quando ho un rapporto amoroso con una donna; migliorano anche dopo un confronto acceso in cui riesco ad esprimere il mio punto di vista sfogando la rabbia: esercito infatti un rigido controllo sulle mie emozioni.
- Intorno ai 20 anni ho sofferto per circa 4 anni di paranoie e manie di persecuzione: mi sentivo spiato e mal giudicato dalla gente, temevo di essere considerato pazzo o scemo e come reazione mi atteggiavo da eroe che sfidava un mondo avverso. Sono capitati periodi bui in cui vedevo tutto nero, mi sentivo senza speranze, senza una strada da percorrere ed ho ideato il suicidio. Ho fatto uso di alcolici, soprattutto nel fine settimana, per sentirmi disinibito e più sicuro, ma questo si è tradotto anche in scenate pubbliche assai violente, di cui poi mi sono molto vergognato. Ho seguito un percorso di psicoterapia e una cura con aloperidolo, ora non ho più quei pensieri ma non mi sento ancora sereno sul giudizio degli altri.
- Vorrei avere maggiore autostima e sicurezza nelle mie capacità, senza preoccuparmi del giudizio altrui, vorrei esprimere maggiormente ciò che penso o sento senza temere di essere considerato pazzo, vigliacco e debole. Tal volta sento un impulso a dire o fare cose ma poi non ho il coraggio di farle.
- Da piccolo e da ragazzino mi capitava di scalciare nel sonno urlando parolacce. Ora mi capita di parlare nel sonno. Se sono nervoso non dormo bene e penso a ciò che mi ha fatto arrabbiare, ad eventuali errori che posso aver compiuto: la mia paura principale è quella di non riuscire a vivere la vita perché vengo escluso dalla gente a causa dei miei errori, ho anche paura di essere preso per pazzo.
- Non tollero le persone prepotenti o maleducate che giudicano dall’alto verso il basso: provo a mettere i paletti ma se non cambiano atteggiamento mi arrabbio fino a scoppi di violenza.
- Da piccolo ero molto vivace; da ragazzino quando mi sentivo preso in giro avevo crisi di rabbia; nell’adolescenza mi sentivo sbagliato, non mi sentivo accettato e cercavo di compiacere gli amici partecipando al gruppo dei ribelli. Crescendo sono diventato una persona tranquilla, riservata, introspettiva e solitaria, leale e sincera. Riesco ad aprirmi veramente solo con le persone di cui mi fido.
- Sono permaloso e quando non ribatto stizzito alle provocazioni mi arrabbio con me stesso.
- Vorrei non avere la testa tra le nuvole, essere coraggioso e non essere considerato stupido. Mi fa star bene sentirmi parte di un gruppo, ammiro chi aiuta gli altri e li rispetta perché ritengo che siamo tutti in connessione, parti di un disegno cosmico.
- Amo immergermi nella natura perché mi dà un senso di appartenenza, amo le aquile per il senso di libertà che trasmettono.
- Mi piace molto il mondo della meditazione e della crescita interiore; a 34 anni ho incontrato la mia guida spirituale. Non mangio carne per scelta spirituale. Ho avuto anche episodi di viaggi astrali in cui vedevo il mio corpo dall’alto mentre mi muovevo nell’aria.
- Ho in progetto di cambiare casa, di allontanarmi da dove abito adesso perché risiedo troppo vicino ai miei genitori; desidero sentirmi più indipendente e prendermi un po’ di spazio. Il clima famigliare dell’infanzia non ha giovato alla mia salute: mio padre e mia madre bisticciavano pesantemente con insulti; era difficile esprimere ciò che pensavo e provavo perché qualsiasi cosa detta poteva essere il pretesto per una discussione; mio padre aveva difficoltà ad esprimere l’affetto nei miei confronti; mia madre era soffocante e cercava in me il sostituto del marito.
- Da bambino spesso sognavo di bisticciare con amici, famigliari o genitori. Mi capitava anche di sognare di volare o cadere. Sogno spesso anche adesso i miei genitori in situazioni problematiche; in particolare sogno che mia madre invade il mio spazio entrando nella mia stanza e litigo insultandola. Sogno spesso animali: leoni, volpi, gatti, cinghiali. Alcune volte sogno bombe o esplosioni.
- Ricordo un sogno recente in cui un amico mi mostra due piume, molto belle, e guardandomi intorno vedo per terra altre piume; mentre le raccolgo scorgo un falco mutilato, privo di un’ala; mi addolora pensare che sia morto, ma il falco in realtà si muove, è ancora vivo. Penso che sia senza speranza e di non doverlo toccare, il mio amico lo tocca ed il falco si rivitalizza, si avvicina, lo accarezzo sulla testa. Non so cosa fare per aiutarlo, ma mentre lo accarezzo si trasforma in un cane che mi lecca in un clima di forte empatia; cerco invano di rintracciarne il proprietario, quindi lo porto a casa e fa amicizia con gli altri miei due cani; l’atmosfera è piacevole, c’è affetto e gioco”.
Materiali e metodi
Il caso clinico è stato preso in carico mediante raccolta anamnestica da racconto libero del paziente, con approfondimenti successivi per la modalizzazione dei sintomi. Sono stati considerati sia i sintomi fisici che quelli mentali, presenti o pregressi; i sintomi essenziali sono stati repertorizzati utilizzando il programma informatico Complete Dynamics (versione 19.3) Radar 10 (versione 10.2) e Radar Opus (versione 2.1). La scelta terapeutica è stata effettuata confrontando in diagnosi differenziale i temi e i nuclei dei rimedi emersi dalla repertorizzazione grazie alla consultazione della Materia Medica.
Analisi del caso
Analisi dei sintomi
Nel caso illustrato spiccano alcuni sintomi fisici caratteristici, in particolare la diarrea muco-sanguinolenta influenzata dallo stato emotivo a cui occorrerà dare ampio rilievo nella indagine repertoriale. Riflettendo sul suo vissuto, la somatizzazione intestinale è probabilmente correlata al conflitto tra una istintualità libera e selvaggia ed il timore di un severo giudizio morale superegoico. Dal racconto infatti emergono anche sintomi e temi mentali significativi:
- rabbia violenta: conflitti, insulti, scenate, sogni di bombe ed esplosioni;
- libertà: madre soffocante, invasione del proprio spazio, indipendenza, natura come spazio di appartenenza, amore per gli animali liberi;
- giudizio, errore ed espressione di sé: paura di essere giudicato debole, malato, di essere preso in giro, di essere escluso dalla gente a causa dei propri errori, di essere considerato pazzo o scemo, vigliacco o debole; difficoltà ad esprimersi per paura del giudizio, impulso a dire o fare cose senza avere il coraggio di farle;
- animali selvatici: ricorrenti nei sogni e nell’immaginazione;
- ricerca spirituale: guida spirituale, scelte spirituali, viaggi astrali.
Inquadramento del paziente, repertorizzazione e diagnosi
Il paziente è un “lesionale grave”, considerando la malattia psichiatrica che ha preceduto la comparsa della colite ulcerosa e le manifestazioni organiche che coinvolgono sì un viscere non vitale, ma in modo severo e pericoloso per la sopravvivenza.
L’habitus comportamentale è sicotico e ipercontrollante, con una componente sifilitica, caratterizzata da atteggiamenti distruttivi (la rabbia responsabile della malattia). Possiamo quindi formulare una osservazione prognostica: dopo la prescrizione del rimedio corretto, il terreno energetico del paziente transiterà attraverso una crisi di guarigione protratta di tipo esonerativo, in accordo con la Legge di Guarigione di Hering. Se rispettata, questa previsione ci permetterà, insieme ad altri parametri, di valutare la correttezza della prescrizione.
Dalla repertorizzazione emergono nelle prime posizioni Staphisagria e Lycopodium, i rimedi già assunti dal paziente: anche se rappresentano repertorialmente in maniera significativa la reattività psico-fisica addominale di Marco, al momento della visita sappiamo già che non sono stati in grado né di sciogliere i suoi nodi esistenziali, né di portare un beneficio fisico duraturo. Dovremo quindi individuare un rimedio che sia in grado di lavorare più in profondità. Consultando la Materia Medica per valutare i rimedi suggeriti dal repertorio ed approfondirne la conoscenza, mi soffermo su Falco peregrinus, che corrisponde alle tematiche di libertà, persecuzione e colpa riferite dal paziente, caratteristiche della famiglia omeopatica degli uccelli ed in particolare dei falchi.
La famiglia omeopatica degli uccelli e i Falchi
Secondo Shore1 e secondo una analisi sistematica delle estrazioni repertoriali dei rimedi da volatili, la famiglia omeopatica degli uccelli, dal punto di vista mentale, è caratterizzata dalla ricerca della libertà da tutto ciò che lega alla vita sulla terra, libertà dai problemi quotidiani e dalle relazioni, dagli impegni, dai pericoli, dai vincoli famigliari, dalle pulsioni istintuali (cibo, sesso). Per questi rimedi comunicazione e relazione con gli altri sono un peso: cibo, prole e sessualità li aiutano ad incarnarsi e costituiscono delle sfide esistenziali, con conseguente conflitto e somatizzazione. Spesso presentano tratti maniacali e difficoltà cognitive. Sono tormentati da scrupoli di coscienza eccessivi e da pregiudizi.
Nei volatili rapaci, in particolare, è presente un bisogno di autoaffermazione e di dominio sulla realtà, un desiderio di perfezione e saggezza, l’insofferenza alle critiche con conseguente rabbia, l’aspirazione a trascendere la condizione terrena, empatia con la natura e ipersensibilità sensoriale, sentimenti di umiliazione, vergogna, esclusione e abuso, sogni o sensazioni di volo, sensazioni di essere al di fuori del proprio corpo.
I sintomi fisici dei volatili comprendono:
- cefalea con sensazione di pienezza o pressione, oppure di cranio aperto;
- problematiche neurologiche di vario tipo;
- pressione e dolore acuto a zigomi e mandibole, denti deboli o dolenti: secchezza oculare, mancanza di messa a fuoco, scomparsa della visione periferica o centrale;
- perdita di equilibrio per i movimenti rotatori;
- infiammazioni faringee con adenopatie;
- disturbi dell’appetito, vomito facile, sete estrema;
- riniti allergiche, secchezza delle mucose;
- dolori lancinanti al petto, costrizione e oppressione toraciche, desiderio di respirare profondamente, dolori nevralgici lancinanti, trafittivi, oppure formicolii, spilli e tremori, dolori crampiformi a ondate, dolori del collo con rigidità e irradiazione a braccia, spalle e dorso; pesantezza, intorpidimento e prurito alle estremità.
Più specificamente, nella Materia Medica e nelle estrazioni repertoriali si descrivono i soggetti Falco come pazienti che rifiutano la sottomissione ad un’altra persona ed esprimono il desiderio di libertà con ribellione alle restrizioni; desiderano essere riconosciuti ed accettati e non sottoposti al giudizio altrui; dipendere dall’approvazione altrui li fa sentire limitati, impediti e ostacolati, e reagiscono con rabbia distruttiva. Parole chiave mentali polari di Falco Peregrinus e Cherrug sono apprensione/spensieratezza, chiarezza/confusione, sfiducia/affidamento, ma anche abbandono, umiliazione, vulnerabilità, rabbia, colpa.
Anche Haliaeetus leucocephalus, l’aquila calva americana, che emerge più avanti dalla repertorizzazione, è caratterizzata da tematiche di libertà ma le sue caratteristiche salienti (imparzialità, distacco emotivo, autarchia, osservazione senza pregiudizi emotivi, empatia senza emotività) sembrano non corrispondere alla tipologia del paziente.
Terapia – Follow up – Risultati
La patologia fisica intestinale è debolmente rappresentata nella materia medica di Falco peregrinus. Teniamo però presenti due aspetti: nei rimedi con sperimentazione limitata e con un ridotto numero di rubriche nel repertorio, alcuni capitoli sintomatologici sono spesso per forza di cose incompleti; d’altra parte, prescrivendo in base alla manifestazione intestinale, come già accaduto in precedenza, non è stato raggiunto l’obiettivo terapeutico, siamo quindi autorizzati a considerare in primis l’alto valore gerarchico dei sintomi mentali.
Alla luce di queste riflessioni, anche il sogno del falco ferito, inserito nel quadro di insieme, è assai suggestivo e potrebbe descrivere simbolicamente la ferita profonda di Marco; questo non significa che l’animale sognato abbia guidato di per sé la prescrizione: molti dei miei pazienti sognano falchi o altri animali, pur venendo curati con rimedi diversi!
La prescrizione di Falco peregrinus 30 CH ogni 15 giorni per due mesi promuove una transitoria reazione aggravativa psicofisica, seguita solo da un parziale beneficio; viene perciò sostituito con Falco cherrug 30CH.
Anche se questo rimedio è presente nel repertorio con pochissimi sintomi, molti dei quali sovrapponibili a Falco peregrinus, la sua Materia Medica è significativamente corrispondente al caso: desiderio di libertà, abusi e ferite profonde dell’infanzia, ricerca di accettazione, abbandono, dolore e rabbia, vergogna per la propria bisognosità; soprattutto quest’ultimo sintomo è tra quelli più peculiari e caratteristici del paziente, che alla visita successiva racconta:
- Subito dopo la prima assunzione mi sono sentito molto rilassato; la mattina successiva ero molto lucido, riuscivo a vedere le situazioni dall’alto con chiarezza e tranquillità. Nei giorni seguenti è aumentata l’attività onirica: sogno cuccioli di lupo da proteggere, cervi attaccati da lupi. Sogno che nel cortile di casa ci sono piume di aquila per terra, segno di un duello col cane dei miei genitori.
- Mi rendo conto che quando qualcuno fa delle affermazioni nei miei confronti che mi danno fastidio e incasso senza ribattere, mi innervosisco parecchio; mi arrabbio soprattutto con me stesso per non aver avuto la prontezza, la capacità, il coraggio di esprimere il mio dissenso; riesco a rispondere a tono solo se la situazione si prolunga e monta la rabbia.
Nelle settimane successive compare la prima reazione aggravativa intestinale associata a congiuntivite; il paziente prova tuttavia una sensazione di serenità, di “centratura”, le situazioni esterne lo influenzano meno, si sente più disinvolto nell’esprimere ciò che sente e pensa. Si manifestano rinite ed asma allergici che non aveva da anni, in forma non grave e transitoria.
Parallelamente al miglioramento del quadro intestinale e alla sensazione di maggiore serenità, Marco racconta anche tutta una serie di sogni che sembrano indicare un miglioramento:
- sogna di “volteggiare senza gravità tra i pianeti; è una esperienza molto bella”, ma poi scende con i piedi per terra, si radica, e fa attenzione a non calpestare delle piccole tartarughe; un altro sogno di incarnazione e radicamento è quello in cui “un’icona della Madonna diventa un essere umano in carne e ossa”, o quello in cui con il padre fa dei lavori per ampliare l’orto;
- gli animali che sogna divengono meno ostili (cavalli e zebre che giocano in acqua) e quando sono selvaggi assumono caratteristiche meno aggressive (api e vespe, oppure orsi adulti che non lo attaccano, o che comunque sono affrontabili); racconta per esempio: “ho sognato un cucciolo di cane ferito, lo prendo in braccio per coccolarlo, ma arrivano dei lupi che vogliono attaccare il cucciolo: urlo per scacciarli, sono determinato a difendere il mio cucciolo”;
- emergono tematiche di accudimento e di tenerezza: “sogno due bambini albanesi per i quali provo affetto e vorrei fare loro da padre”;
- continuano nei sogni le tematiche di libertà e prigionia, ma emerge come una novità positiva il tentativo di liberarsi dalle costrizioni: “insieme ai miei genitori e ad altre persone siamo prigionieri dei nazisti che ci umiliano e minacciano con le armi, ci privano delle coperte e dei generi di prima necessità: dovremmo ribellarci, anche se potremmo essere uccisi nella rivolta ne vale la pena”; “sono con amici, entra nella stanza mia madre, chiedo se può lasciarci soli, ma lei insiste per entrare; mi arrabbio e la spingo fuori, lei piange e dice di sentirsi sola; affermo che non è vero perché ha un marito”.
In un messaggio e-mail mi scrive del suo stato d’animo e delle sue riflessioni:
- sono fiducioso, ho la forza per superare questo momento difficile: curo con amore la ferita che è in me senza arrabbiarmi, mi assumo questa responsabilità; mi sento meno vulnerabile e più centrato, meno sensibile ai giudizi delle altre persone;
- ho capito che parte della mia frustrazione è dovuta al non sentirmi amato, mi dico che devo iniziare ad amarmi”;
- mi diventa sempre più chiara l’importanza di esprimere le mie emozioni e i miei pensieri dandogli spazio, condividendo con gli amici il mio sentire interiore, esprimendo liberamente ciò che sono, abbandonando vecchi schemi; infatti esprimo con più fluidità ciò che penso e provo, ho meno freni inibitori mentali; sto prendendo coraggio nel raccontare il mio mondo interiore e ciò che sento e sono, scoprendo in questo una bellezza
- sento che l’intestino sfoga con le scariche ciò che non riesco ad esprimere con parole e azioni.
- in questo periodo mi capita ancora di innervosirmi molto, ma ora lo leggo in maniera positiva, sto lasciando emergere e fluire la rabbia.
Dopo il passaggio alla 200CH, compare per tre giorni febbre a 38° con un po’ di tosse secca notturna: da circa 20 anni non aveva uno stato febbrile così forte. Sente con maggiore intensità le emozioni e ogni tanto ha un po’ di difficoltà a gestirle.
Anche la colite ulcerosa si riaggrava nuovamente, sempre in modo transitorio, ma mettendo alla prova la fiducia del paziente nel percorso di cura. Nello stesso tempo, Marco si rende sempre di più conto che sta evolvendo sul piano della consapevolezza di sé e questo lo fa sentire positivo ed ottimista.
Anche in questo caso, il miglioramento fisico si muove in parallelo con l’evoluzione delle tematiche dei sogni: si fanno più frequenti le esperienze spirituali e di comunione con la natura (cieli stellati e costellazioni, cascate che nascondono grotte con cristalli lucenti, devozione alla Madre Terra).
Marco racconta infine anche due sogni di pacificazione:
- sogno che vado a trovare i miei genitori, ci sono due gattini che accarezzo: uno è un po’ malaticcio e mi fa tenerezza, poi guardandomi intorno noto che nell’alloggio ci sono gatti di tutte le dimensioni;
- sogno che sono in montagna con mio padre; vicino alla cima c’è un piccolo tratto di parete da scalare; sono bloccato e non riesco né a salire né a scendere; chiedo aiuto a mio padre che mi dà una mano permettendomi di arrivare in cima. Sono grato e gli voglio bene”.
La terapia iniziata nel 2018 con Falco cherrug è proseguita negli anni successivi ed è tuttora in corso; sono state utilizzate in progressione anche le potenze 1000K, 10.000K, 50.000K, 100.000K; ogni potenza è stata impiegata per alcuni mesi ed assunta con cadenza quindicinale. Dopo la crisi di guarigione innescata dalla 200CH la malattia del paziente si è evoluta positivamente ed ha consentito il raggiungimento di un equilibrio psico-fisico sostanziale, che ha permesso di diradare progressivamente l’utilizzo della mesalazina fino alla sua sospensione dall’inizio del 2022 ad oggi, al momento senza ulteriori ricadute. Purtroppo il paziente, piuttosto traumatizzato dalle esperienze ospedaliere, si rifiuta per il momento di eseguire ulteriori colonscopie, che potrebbero documentare e confermare anche un miglioramento del quadro infiammatorio: sta bene, non ha mai trascorso un periodo così lungo di benessere e remissione dei sintomi, e non è facile che si convinca a farla.
Discussione
Il caso illustrato si presta ad alcune considerazioni metodologiche, con punti di forza e criticità.
La scelta del rimedio, dal punto di vista metodologico, non si può mai basare esclusivamente sull’analisi repertoriale ma anche sulla consultazione della Materia Medica; in questo modo la diagnosi differenziale è più attendibile perché prende in considerazione il paziente nella sua interezza e complessità.
Anche in questo caso, una diagnosi fondata sulla sola analisi repertoriale non avrebbe consentito la miglior prescrizione per il paziente: avremmo scelto uno dei policresti presenti nelle prime posizioni ritenendo che potesse coprire l’intero quadro clinico.
Le prescrizioni precedenti, infatti, privilegiavano alcune rubriche che indirizzavano verso Lycopodium e Staphisagria: solo il follow-up ha smentito un’ipotesi, che sembrava inizialmente corretta.
La prescrizione di un “piccolo rimedio”, cioè di un rimedio poco sperimentato e poco prescritto, soprattutto se non è ancora noto al terapeuta, dovrebbe essere effettuata dopo che sono stati impiegati rimedi più noti e sperimentati, con una casistica clinica solida e una materia medica ampia. Se però il paziente non ha beneficio da queste prime prescrizioni, ampliare le nostre vedute e rivolgerci a rimedi poco noti può essere la strada giusta, come è stato nel caso di Marco.
Il testo di Shore non è una Materia Medica classica, comprende dati ed analisi relativi a nuovi rimedi ricavati da provings molto recenti. L’applicazione di queste conoscenze omeopatiche ha consentito un ottimo risultato terapeutico a testimonianza del fatto che l’ampliamento della Materia Medica sollecitato già dallo stesso Hahnemann può essere di grande utilità alla nostra pratica medica.
Alla prescrizione del rimedio che ha portato un maggiore beneficio si è arrivati poi, per così dire, per approssimazioni successive e grazie anche alla classificazione per famiglie dei rimedi omeopatici: il rimedio Falco peregrinus, emerso dalla repertorizzazione, per quanto scarsamente rappresentato nel repertorio, ha suggerito, grazie alla corrispondenza sintomatologica, la prescrizione di un rimedio minore, suo satellite, che si è dimostrato nel tempo più corrispondente alla totalità del paziente e quindi più utile al suo benessere.
Senza questo ragionamento non avremmo potuto effettuare una prescrizione difficoltosa e praticamente impossibile avvalendoci della sola consultazione repertoriale; il repertorio è stato tuttavia fondamentale nel suggerirci la direzione su cui indagare.
Le osservazioni prognostiche relative alla gravità lesionale del quadro ci hanno permesso di prevedere e valorizzare l’inevitabile aggravamento fisico esonerativo, che avrebbe altrimenti potuto essere scambiato per fallimento terapeutico, e ci ha consentito anche di sostenere il paziente in un frangente delicato del percorso di cura, offrendogli una lettura positiva della situazione che stava attraversando. Questo è un passaggio metodologico delicato perché è fondamentale non sottovalutare un sintomo peggiorativo, monitorando clinicamente il paziente con attenzione, dedicando tempo all’ascolto per inquadrare nell’ottica corretta ciò che sta accadendo, che deve essere commisurato al quadro patologico di partenza.
A guidarci in quel momento è stato anche il contemporaneo beneficio mentale che Marco stava ricevendo, assai suggestivo di una medicazione profonda del terreno: maggior centratura, maggior distacco emotivo, più disinvoltura nell’esprimersi, consapevolezza del perché inconscio dei sintomi fisici. Si è trattato di un effetto psichico più equilibrato della fugace sensazione sicotica di “forza e sicurezza” ottenuta coi due rimedi similari precedenti, che hanno agito solo sulla reattività psicofisica situazionale, stimolando in maniera parziale la Legge di Hering, senza attivarla in profondità.
Nel percorso di cura omeopatico spesso i sogni rivestono un grande valore diagnostico, soprattutto se non ci si limita alla loro pedissequa repertorizzazione ma ci si sforza di cogliere il loro significato (senza per questo effettuare un lavoro di interpretazione di competenza psicoanalitica). Il loro valore è ancora più grande durante il follow-up, quando i sogni ci indicano la direzione dell’evoluzione psico-emotiva del soggetto.
Nel caso di Marco, nei suoi sogni ricorrenti, così come nella realtà diurna, egli passa dalla paura e dal conflitto ad una condizione di coabitazione più serena con gli istinti (animali selvatici); lo stesso rapporto problematico con i genitori giunge ad una positiva conciliazione nei sogni come nella realtà. La “discesa al suolo” del paziente descritta nei sogni finali è significativa del suo ritorno alla realtà dei sentimenti e dei rapporti umani.
Infine, per il bene del paziente, una terapia farmacologica efficace, soprattutto in caso di malattie severe, deve essere ridotta progressivamente in base ai risultati conseguiti col rimedio, non sospesa a prescindere da essi. In casi gravi come questo, infatti, l’interferenza farmacologica soppressiva è il male minore, perché consente al paziente di stare sufficientemente bene per poter proseguire nel suo percorso omeopatico: sarà il suo stesso corpo a segnalare che la necessità di ricorrere a queste terapie sta venendo meno.
Conclusioni
I dati anamnestici e di follow-up di un caso clinico in cui il rimedio si è rivelato il rimedio costituzionale del paziente possono essere utilizzati per ampliare la Materia Medica, soprattutto se il rimedio prescritto è poco sperimentato. È importante fare un distinguo: un caso clinico esemplificativo di un rimedio, piccolo o grande che sia, non è la mera prescrizione del rimedio stesso: la prescrizione di un rimedio che migliora il paziente è il primo passo, ma per considerarlo un caso clinico vero e proprio rappresentativo del rimedio in questione deve essere dimostrata la sua efficacia, secondo i criteri sopra esposti, per un periodo di tempo congruo (anni).
Un follow-up di diversi anni (che conferma la validità della prescrizione), ci offre delle informazioni aggiuntive che dovrebbero ricevere la stessa considerazione di quelle emerse dai proving. L’integrazione può essere considerata metodologicamente valida solo se il racconto del paziente viene trascritto con precisione, come accade nelle migliori sperimentazioni patogenetiche, con tutte le sfumature sintomatologiche ed i vissuti emotivi specifici.
Il proving, del resto, per giusti motivi etici, non può mai essere spinto oltre l’alterazione disfunzionale e non può fornirci dati clinici lesionali, che possono essere invece propri del caso vivo. Gli sperimentatori che producono sintomi durante un proving hanno solitamente un’idiosincrasia parziale, poiché il rimedio sperimentato nella stragrande maggioranza dei casi è per loro solo un similare (sono davvero poche le probabilità che uno sperimentatore assuma durante un proving il proprio rimedio costituzionale). Per questo motivo la distinzione tra rimedio situazionale e costituzionale (Simile e Simillimum) non ha un significato meramente accademico: i sintomi dei casi clinici trattati con un rimedio costituzionale sono davvero di elevato valore.
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LEGENDA
Gli asterischi “*” indicano quanto intensamente è stato riportato dalla paziente.
Quando preceduti dal simbolo “§” c’è stato un mio intervento o una domanda che non considero significativa da riportare.
La sottolineatura indica una parte di testo specifica per Echinacea.
Il grassetto indica una parte di testo caratterista dei rimedi simili ad Arnica che conosco, quelli che, a mio avviso, si prestano a dubbi di diagnosi differenziale.
Il MAIUSCOLO si riferisce a una particolare enfasi, sottolineatura, aumento del tono di voce, cambiamenti evidenti dello stato emotivo del paziente nel pronunciaare quelle parole.
I sintomi riportati in lessico repertoriale sono stati estrapolati dalla prima versione del repertorio Suggesta.